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Lavorare per imparare non significa essere per forza pagati, ha affermato Borghese in un’intervista al Corriere. “Manca la devozione al lavoro, manca l’attaccamento alla maglia”, ha aggiunto. Ma siamo davvero sicuri che questo sia il vero problema di quello che i ristoratori definiscono mancanza di personale? Il problema sono i giovani che non hanno voglia di lavorare oppure dovremmo analizzare la questione più da vicino e capire che il discorso è complesso e distribuire le colpe lungo tutta la filiera scuola-lavoro-politica-società?
Cerchiamo di analizzare insieme la complessità di questa situazione che non può essere ridotta ai minimi termini, mai.
#1 QUANTE ORE SI LAVORA IN UNA CUCINA DI UN RISTORANTE?
In cucina si dice che se lavori “solo” 8 ore hai fatto mezza giornata. Se hai lavorato anche solo qualche mese in un ristorante o pizzeria sai benissimo di cosa stiamo parlando. Perché in questo settore le ore superano sempre le 8 giornaliere, a volte sfiorando anche le 12 o 14 ore? Perché i lavoratori acconsentono che ciò avvenga? E dove sono i sindacati o l’ispettorato del lavoro quando ciò si verifica?
Queste sono alcune delle domande che ci siamo posti nelle ultime settimane leggendo alcune storie di colleghi e conoscenti che ci hanno raccontato le loro esperienze dirette. E ricordando le nostre esperienze di giovani lavoratori varcata la soglia dei 20 anni.
Sappiamo benissimo che il lavoro nelle cucine è duro, stressante e logorante. Molto frustrante se non hai giorni liberi e poche ferie, ovvero tutto il contrario di quelli che sono i diritti dei lavoratori e le regole dei CCNL, ovvero i contratti nazionali di lavoro (che, ebbene sì, esistono e basterebbe applicarli e farli applicare – al netto del fatto che, comunque, non sono consoni al costo della vita di oggi, dunque andrebbero adeguati e alzati gli stipendi, ma riserviamo questo discorso ad un altro momento).
#2 IL PROBLEMA DELLA DOPAMINA POST TURNO
Cosa succede a chi è appassionato di cucina una volta finito un turno (magari di quelli del sabato sera)? Immagina: il lavoro è andato benissimo, il servizio è filato via liscio, i clienti non hanno lasciato nulla nei piatti, sei estremamente soddisfatto del lavoro che tu e la tua squadra avete eseguito… insomma, è qui che entra in circolo la dopamina che ti fa dimenticare in pochi minuti la stanchezza della serata (la risentirai probabilmente la mattina dopo) e qualsiasi altra cosa negativa che può essere accaduta durante la giornata.
Insomma, ti rimane solo in testa la parte positiva delle tue 15 o 16 ore di lavoro del turno del sabato. A riguardarci indietro, non sappiamo dirti come abbiamo fatto, io e Davide, a mantenere il ritmo di 12-15 ore di lavoro al giorno per 6 anni (turni che infliggevamo a noi stessi e non ai nostri collaboratori, perché è realmente disumano, nonostante la dopamina).
Ma la soddisfazione che provavamo arrivati a fine settimana il sabato sera era senza pari. Lo rifaremmo con queste condizioni? Assolutamente no! Lo abbiamo fatto fare o faremmo fare a qualcun altro al nostro posto? Men che meno! Il pensiero che qualcuno possa provare quell’esaurimento psicologico o quei dolori alla schiena non potremmo mai perdonarcelo, nonostante la soddisfazione.
Insomma, se hai fatto questo lavoro sai benissimo di cosa stiamo parlando! Diciamoci però la verità: questo meccanismo è davvero perverso e rischioso. Spesso non ci permette di ragionare lucidamente sui fatti, sui problemi e sulla nostra condizione lavorativa. Può questa soddisfazione di fine turno metterci nella situazione di accettare questa tesi: “Lavorare per imparare non significa essere per forza pagati”?
#3 LAVORARE PER IMPARARE NON SIGNIFICA ESSERE PER FORZA PAGATI
La sparata di Borghese nell’intervista al Corriere è stata proprio pessima. La situazione del settore somministrazione alimenti e bevande è critica, soprattutto dopo questi ultimi due anni di pandemia e di mal gestione del settore da parte del governo italiano. Non si trovano dipendenti. Dare la colpa di questa situazione ai giovani dicendo che non hanno voglia di fare nulla e che non ci tengono a investire in se stessi (la famosa modalità per dire “lavori per me ma non ti pago così fai curriculum”) è aberrante.
Rivela anche una mancanza di analisi a 360° della situazione, un’ignoranza funzionale di chi prende sistemi complessi e li riduce ad analisi in “bianco e nero”, eliminando dal contesto qualsiasi sfumatura. Populismo becero.
Non essere pagato per lavorare o non essere pagato il giusto per lavorare è un REATO. Se lavori 12 ore ma te ne pagano solo 6 perché il tuo contratto è a forfait, come va di moda oggi, abbiamo un problema enorme (problema che si verifica più spesso di quello che pensi e nell’indifferenza di molti, istituzioni comprese). Stessa cosa se fai 8 ore ma te ne pagano 4 in busta e 4 fuori busta: è un problema enorme. Se lavori 14, 15 o 16 ore in un ristorante, magari solo con un giorno di libero (o addirittura senza giorno di libero), anche qui abbiamo un grande problema. E non apriamo il vaso di Pandora del lavoro nero, altra piaga sociale.
Stimiamo che nel 90% delle realtà italiane ci sia qualcuno che vive una o più situazioni di quelle descritte sopra.
#4 E QUINDI, COME FACCIAMO?
Sappiamo che non è semplice né cambiare lavoro né lasciarlo totalmente per chi ne è appassionato. Dare per scontato che sia giusto non essere pagati o passare più di 10 ore (anche fino a 16) in cucina ogni giorno per più giorni di fila è perverso e denota una scarsa attenzione che riponiamo gli uni negli altri in questa nostra società.
Magari il giovane di cui parla Borghese, semplicemente, vorrebbe tutte le ore pagate regolarmente in busta o semplicemente vorrebbe lavorare 8 ore al giorno, come dice la legge italiana, e poi andarsene a casa felice e soddisfatto del proprio lavoro ed avere tempo per fare altro. Non è un pensiero brutto né da dire né da pensare. Soprattutto, non ci si deve sentire in colpa per averlo pensato.
Noi purtroppo non abbiamo una soluzione, se non dirti di andartene se ti trovi in una situazione di illegalità. Rifiutati di essere spremuto o sottopagato, questa deve essere una regola che le nuove generazioni devono portare nel mondo del lavoro. Gira finché non troverai una realtà virtuosa: ce ne sono poche ma esistono!
Il settore somministrazione alimenti e bevande andrebbe ristrutturato alla radice. Chissà se mai i grandi o piccoli imprenditori del settore, i sindacati, i politici e gli investitori avranno voglia nei prossimi anni di dare nuovo respiro a ristoranti, bar, pizzerie, hotel e tutte le attività legate alla somministrazione? Noi rimaniamo con la speranza che prima o poi si smetta di dare la colpa ai giovani e si passi a parlare e mettere in atto fatti concreti per evidenziare i punti deboli e aggiustarli.
#5 MA LA SCUOLA, DOVE LA METTIAMO?
Purtroppo viviamo in una società, quella italiana, composta da un mondo della formazione che fa fatica a dialogare con il mondo del lavoro. A cosa porta questo? Spesso la scuola non ti forma al mondo del lavoro (a parte i tirocini non retribuiti che comunque non sono la soluzione) e quando a 19 anni hai finito la formazione sei come un pesciolino lanciato in una vasca di pescecani: non hai formazione per quello che riguarda diritti e doveri, nessuno ti spiega quello che dovresti fare o quello che potresti ottenere da questo lavoro (che significa fare il proprio lavoro per bene ed essere pagato adeguatamente – anche se, come dicevo prima, dovremmo riaprire il capitolo stipendi in Italia).
Perché durante le lezioni di economia e diritto non vengono affrontati i temi dei diritti e doveri del lavoratore? Perché non vengono invitati degli esperti del settore, come i consulenti del lavoro, che spieghino ai maturandi cosa succede quando ci si trova da soli nel mondo del lavoro? E i sindacati, dove sono? Finché tratteremo i giovani come degli inetti, non avremo mai una società fatta di uomini e donne adulte, ma di adolescenti che non crescono.
Purtroppo anche per questo argomento non abbiamo soluzioni o risposte. Ma invitiamo i genitori a chiedere di più dalla scuola, sia essa pubblica o privata, a pretendere che i propri figli vengano accompagnati nel mondo del lavoro adeguatamente e sia loro spiegato quali sono i diritti e anche i doveri, così da non ritrovarsi in situazioni spiacevoli ed essere dei lavoratori modello, soddisfatti del proprio mestiere e non frustrati né sottopagati. Lavorare per imparare senza essere pagati non può più essere una forma di apprendimento per le future generazioni.
#6 ESPERIENZE DIRETTE
Iniziamo col raccontarti una delle tante “avventure” (o disavventure) accadute a Chef Davide. “Lavoravo in un ristorante a Varese nel ruolo di chef. Arrivavo a 70-80 ore a settimana. Guadagnavo circa 1600euro al mese – di cui 1200 in regola e 400 fuori busta. Se dividiamo questo stipendio per le ore che facevo otteniamo una paga oraria di 5,7euro l’ora all’incirca”.
Il problema è quando quello che facciamo si piace e ci galvanizza, perché perduriamo in quella situazione e quasi non sentiamo neanche la stanchezza, come dicevamo nei paragrafi precedenti. Ma se poi succede qualcosa (tipo chiedi un lunedì e martedì di festa dopo 6 mesi non stop e ti fanno passare per uno scansafatiche), ecco che tutta la situazione emerge e ne deriva frustrazione e, se ne hai la fortuna, una dipartita immediata da quel posto di lavoro.
Ci avete scritto in tanti raccontandoci le vostre esperienze. Siamo rammaricati che le abbiate dovute provare. Nessuno dovrebbe passare da quelle esperienze per fare il lavoro dei sogni. Questo ancora di più se il ristorante in questione è Vegan. Insomma, si parla tanto di sostenibilità e poi… si sfrutta il personale! Anche no!
Vediamo qualche vostra storia.
Lavoravo dalle 18.00 in poi, non avevo orario di termine, facevo le preparazioni in cucina, sistemavo la spesa, i frigoriferi delle bibite, davo una mano in cucina servivo ai tavoli (circa 40 coperti), cassa, consegnavo l’asporto e rispondevo al telefono per le prenotazioni. A fine serata pulivo i bagni sala e dovevo aiutare anche in cucina perché non mi lasciavano andare via prima che tutto fosse concluso. Quasi mai mi si dava del cibo, mi veniva contestata la quantità d’acqua che bevevo e durante il giorno mi veniva chiesto di fare commissioni per il locale. Media lavorativa giornaliera 10-12 ore. Niente ferie, se chiedevo un giorno libero venivo insultata. Stipendio 700/750euro mensili (in base al mese di 30 o 31 giorni) ovviamente in nero! Si sono meravigliati quando dopo 5 anni me ne sono andata…
Non esistevano orari, come ben sai in cucina non esistono orari. Però le sere in cui c’era poca gente, dovevo comunque stare fino alla fine per pulire la cucina a fondo e sgrassare ogni superficie, gli angoli che non si riescono a fare tutti i giorni. Mentre le sere in cui ci sono tanti cliente e magari finisci un’ora dopo o quaranta minuti dopo, ti dicono: “E va beh, ma va tutto insieme”. Cioè, se finisco prima non posso andare via prima, se finisco dopo devo andare via dopo e non me lo paghi. Poi ovviamente non esistono permessi, perché ti dicono: “E poi come faccio, mi lasci senza personale”. E poi Natale e Capodanno pagati come tutti gli altri giorni. Insomma, storie che probabilmente accadono ovunque.
Il mio capo era decisamente un dittatore. Quando sbagliavamo qualcosa faceva volare attrezzi della cucina: dalle pale ai mestoloni (ero in una cucina di una RSA, quindi gli strumenti erano decisamente grandi). E poi si arrivava addirittura a lavare il pavimento con la paglietta, grattando mattonella per mattonella con la candeggina. Fortunatamente ora le cose sono cambiate. Io sono in questo settore da 25 anni, ma all’inizio era così.
Tirocinio nel periodo scolastico, grosso albergo e facevo sulle 18-20 ore al giorno (e per le prime 2 settimane senza nemmeno un giorno libero), effettivamente avrei dovuto capire già dalla presentazione il primo giorno dove si raccomandarono di non dovermi “spaventare” (usarono proprio queste parole) per via del periodo e della compagnia di clienti particolari che aveva prenotato tutta la struttura.
Dai 14/15anni ad oggi pur avendo fatto qualche pausa.. Ne ho 35, potrei scrivere un libro, e perché no, di denuncia tra mobbing, molestie, sfruttamento e tanto sessismo. Grazie per trattare questo argomento.
Questo è stato il mio lavoro in un ristorante stellato…orari dalle 8:00 fino alle 23:00 / 00:00…dove se si correva di più si riusciva ad avere un po’ di pausa….e successivamente siamo arrivati a staccare all’una di notte perché ogni giorno si é aggiunto in programma, un meeting…e tutto questo con uno stipendio davvero basso, che una parte doveva essere usato per pagare l’alloggio!
So durato 2 settimana e mezzo, sulle 16 ore al giorno di lavoro, tra cui 12 ore di solo servizio, meno di 200 a settimana, a nero. E mi hanno fatto anche dipingere la staccionata.
Lavoro in questo ristorante per 2 anni, per pagarmi gli studi. Il capo se ne fregava di come ci trattava il cuoco. Mi insultava per qualsiasi cosa, per la mia altezza, per i miei capelli, per il mio modo di camminare, persino per l’inclinazione della testa mentre lavoravo, a suo dire troppo bassa. Mi diceva che ero una testa di cazzo, incapace. Appena arrivavo, (dovevo ancora cambiarmi) mi mandava a fare in culo senza motivo. Mi urlava nelle orecchie quando era arrabbiato o mi cantava a squarcia gola, sempre a tre centimetri dai timpani, se era felice. Per colpa sua ho cominciato ad avere attacchi di panico continui al lavoro e soffrire pesantemente d’ansia.
Dopo la scuola alberghiera di Abano terme, partii per il militare nei paracadutisti alla Smipar di Pisa… Quando seppero della mia formazione scolastica, finii subito in cucina, presi il brevetto senza neanche un lancio, non feci una guardia e non sparai un colpo, 367 giorni di Cucina, senza alcun rispetto dai superiori, sfruttato fino all’ultimo minuto, al posto dei cuochi ordinari….
Da ragazzino primo lavoro che ho fatto nella ristorazione, commis di cucina nel ristorante di uno stabilimento balneare cittadino (in una città costiera toscana) quando guardai il contratto di lavoro c’era scritto: donna delle pulizie… dividendo lo stipendio per le ore che facevo praticamente prendevo 3 euro all’ora… a inizio mattina mi facevano pulire col cencio spazzolone e bastone il piazzale coperto dove stavano i tavoli con acqua e acido muriatico, il tutto spinto fino a fuori fin nel mare, il cencio lo dovevo strizzare a mano e quando l’acqua nel secchio era sporca me la facevano buttare in mare (vorrei ricordare: acqua e ACIDO MURIATICO)…il turno era tutto il giorno, stop dopo pranzo di un paio d’ore e poi a diritto fino alle 2 di notte spesso anche di più… la notte, tutto già chiuso, il figlio del proprietario entrava con amici o fidanzata a fare casino, una sera giocò a tirarsi addosso con un amico un cocomero in cucina, ovviamente lo ruppero e lasciarono tutto lo sporco con i semi a giro, e il pavimento tutto appiccicoso, la mattina ovviamente dovevo pulire io… uno dei soci una volta giorno di paga, mentre preparava i soldi da dare al personale, fece un discorso sottovoce con la collaboratrice, che per fortuna una mia collega sentì e mi avverti di stare attento, che voleva fare il furbo per pagarmi di meno contando molto velocemente i soldi davanti a me per confondermi e far finta che fossero la cifra giusta… per fortuna li ricontavo sempre e per fortuna la mia collega mi avvertì che volevano fare i furbi con i conti per lo stipendio (che già era uno stipendio dei classici 800 euro al mese)… il contratto di lavoro era talmente infimo che non mi fu neanche contato nel chiedere la disoccupazione a fine stagione come invece mi dissero che si lavorava tanto l’estate ma l’inverno si poteva prendere disoccupazione…peggior periodo della mia vita, la prima esperienza lavorativa vera e propria con contratto… da quel periodo ho sempre lavorato nella ristorazione, oggi ho 36 anni, lavoro ancora nel settore, purtroppo non son mai riuscito a cambiar lavoro, è l’unica cosa che so fare.
Vogliamo parlare che oltre alle ore di lavoro effettivo in cucina, ecc ecc in quanto donna devi anche metterti a pulire la cappa in pieno agosto? In 4 dei posti dove ho lavorato io, i maschi erano esonerati da questo, con la speciale menzione “gli uomini non sanno fare le pulizie” e stica…
#7 BORGHESE, HAI DETTO UNA CA**ATA!
Insomma, il discorso viene talmente banalizzato da personaggi di dubbia moralità – come Borghese, ma non è stato l’unico a fare uscite infelici – che è giusto ribadire per l’ennesima volta il concetto: i giovani (ma anche i non giovani) non stanno chiedendo niente di più che avere spazio negli ambienti lavorativi, poter fare il lavoro che amano ed essere trattati e pagati adeguatamente.
Nel 2022 non è concepibile sentire racconti come quelli che vi abbiamo riportato sopra. In tantissimi ci avete scritto raccontando situazioni che sarebbero da denunciare immediatamente all’ispettorato del lavoro o ai sindacati. Ne approfittiamo per dirvi di farlo: se siete in una situazione di difficoltà lavorativa e i vostri diritti sono calpestati, chiamate subito l’ispettorato del lavoro. Lo spiega bene l’avvocato di La Legge per Tutti, leggi l’articolo QUI. Qui, invece, trovi il modulo Modulo INL 31 – Richiesta di intervento ispettivo CLICCA QUI Ricorda: lavorare per imparare senza essere pagati non è normale! Soprattutto se sai già fare il tuo lavoro ed è solo una scusa per pagarti di meno.
Perché il problema è anche questo: chi lavora nelle cucine spesso non si immagina di poter lavorare 8 ore al giorno, di essere trattato in maniera umana e di poter ricevere uno stipendio decoroso. Ecco perché è fondamentale risvegliare le coscienze se vogliamo che le nuove generazioni si sentano accolte nel mondo del lavoro e se non vogliamo distruggere la ristorazione italiana.
Se vuoi approfondire ulteriormente e avere ulteriori riflessioni di Chef Davide sull’argomento, ti lasciamo al video sul nostro canale YouTube. E se vuoi condividere la tua esperienza, puoi commentare qui sotto oppure sotto il video di YouTube.
[…] di questi costi troviamo: materie prime, materiali usa e getta, personale (e relativi costi contributivi), imposte (mi raccomando, tutte, anche se a guardarle fanno paura e […]
[…] (scarico la mia rabbia e la mia tensione su qualcuno d’inferiore). Ne avevamo già parlato in un precendente articolo che ti invitiamo a […]
[…] Per approfondire ulteriormente questo tema che è enorme e complesso, puoi approfondire nei nostri articoli precedenti: Lavorare per imparare senza essere pagati: 7 riflessioni dopo le affermazioni di Borghese […]