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Gli italiani… che popolo straordinario! Dici pizza e, in automatico, solo per il fatto di avere la cittadinanza italiana, qualcuno si sente rivestito dell’autorità di giudicare ingredienti o accostamenti che vengono usati come condimenti della pizza in altre parti del mondo. La pizza all’ananas ne è un esempio. Ma anche tofu e seitan, per esempio. Non abbiamo mai visto nessuno, però, criticare prosciutto e melone, il risotto alle mele o altri piatti tipici della tradizione italiana che implicano l’uso di un frutto nei piatti salati (come il pomodoro, per esempio).
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nel quale imparerai a cucinare: 5 impasti di pizza diversi (in teglia, con cornicione, senza glutine in teglia o cornicione, e pinsa); 5 condimenti diversi spiegati passo dopo passo; con lievito madre secco o lievito di birra; e 2 tipi della mia mozzavella. Non farti scappare l’occasione se la pizza è il tuo mondo e non sai mai come condirla vegan!
Ma torniamo all’argomento di questo articolo, ovvero la pizza all’ananas.
Partiamo!
PIZZA HAWAIANA ALL’ANANAS: LE ORIGINI
No, non arriva dalle Hawaii. Sembra che sia stato il canadese Sam Panopoulos, originario della Grecia, ad averla creata per la prima volta nel 1962 (quindi storia di gran lunga data). Immaginate i primi commenti (se ancora oggi qualcuno insiste nel commentare stupidamente questo accostamento, immaginate all’epoca).
Eppure di accostamenti dolce/salato ne è piena la cucina mondiale. Ma alcuni italiani si arrogano il diritto di giudicare i gusti altrui e, addirittura, di vedere la pizza all’ananas come un insulto alla tradizione culinaria italiana, portatrice di Verità assoluta nel mondo. Ci verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere.
In Australia, nel 1999, era la pizza all’ananas la più popolare, così come nel Regno Unito nel 2015 e negli Stati Uniti, nel 2016, la terza preferita dai consumatori.
Insomma, tutti imbecilli, come dicono alcuni italiani (o come disse il presidente dell’Islanda Guðni Thorlacius Jóhannesson)? Non è che forse ci stiamo perdendo qualcosa?
Per farvi capire la gravità del problema culturale, vi lascio qui di seguito un commento che è apparso nel nostro canale YouTube. La persona si è successivamente scusata (speriamo abbia capito realmente la gravità del suo dire), ma tant’è il commento è stato lasciato e come lui sono tantissime le persone che credono di essere in una posizione di superiorità culturale quando si parla di cibo (e purtroppo non solo con il cibo, il neo colonialismo è parte della nostra quotidianità a tutti i livelli). In questo caso si parlava di cappuccino a tavola, ma la pizza all’ananas non va tanto lontano:
Per il semplice fatto che i popoli da te citati non hanno ne una cultura ne una storia culinaria,quindi è compito nostro che possediamo tutti questi requisiti insegnarli a stare a tavola…
Al di là degli errori grammaticali, che sarebbe bene evitare se ci si crede in una posizione di superiorità culturale (!!!), come ci ha detto Alice su Instagram,
ogni volta che qualcuno dice che nessun popolo ha cultura o storia culinaria a parte gli italiani, un antropologo muore (o comunque qualsiasi persona dotata di buon senso).
Quindi, se non volete fare la figura degli ignoranti in materia gastronomica, un consiglio: aprite le vostre vedute, assaggiate, sperimentate, studiate, leggete libri di gastronomia e della sua storia (partendo da quelli del Professore Massimo Montanari), viaggiate. Se non potete viaggiare fisicamente, potete farlo attraverso Internet che, con una semplice ricerca su Google o YouTube, ci permette di vedere piatti di qualsiasi tradizione nel mondo.
LA FRUTTA NEI PIATTI SALATI
Potremmo forse capire la critica (forse, ma molto forse) se sulla pizza non ci fosse il pomodoro. O se la zucca non fosse usata ovunque in Italia.
Chef, cosa c’entra il pomodoro??? Il pomodoro rappresenta l’italianità! Il pomodoro è italiano!
“Ahi, ahi, ahi, Signora Longari, lei mi cade sul pomodoro!” (citazione per over 40).
Rullo di tamburi (per chi ancora non lo sapesse): il pomodoro è un frutto! Applauso!
dal punto di vista botanico, un “frutto” è un prodotto portatore di seme che cresce dall’ovario di una pianta in fiore o, in altre parole, il frutto è il modo in cui la pianta diffonde i propri semi. Un frutto botanico ha almeno un seme e cresce dal fiore della pianta. Tenendo a mente questa definizione, i pomodori sono classificati come frutti perché contengono semi al loro interno e crescono dal fiore della pianta di pomodoro. (vai qui all’articolo)
Il pomodoro è originario del Sud America occidentale.
Fu qui che Hernán Cortés lo vide durante l’occupazione della regione, fra il 1519 ed il 1521. Dal Messico i semi giunsero in Spagna al seguito di coloni e missionari, che prendendo a prestito il termine tomatl usato dagli indigeni, denominarono tomate il nuovo frutto. I dizionari fissano intorno al 1532 la prima attestazione in spagnolo della parola tomate. Ma in realtà i tomate giunti dall’America erano due.
L’incontro tra il Vecchio e il Nuovo Mondo fu l’occasione per una delle più straordinarie operazioni di scambio nella storia dell’alimentazione umana. Assieme al pomodoro sarebbero giunti in Europa il mais, il peperoncino piccante e altre varietà di peperoni, la manioca, il fagiolo, l’arachide, la patata e la batata (o patata dolce), alcune varietà di zucca, il girasole, l’ananas e altri frutti tropicali (avocado, papaya, …), il cacao, la vaniglia ed il tacchino, oltre al tabacco.
Sul continente americano arrivarono riso, frumento, orzo, segale e avena, lenticchie, ceci, fave, bietole, carciofi, spinaci, carote, meloni, melograni, agrumi, pesche, ciliegie, vite e olivo, caffè e canna da zucchero. Gli Europei, desiderosi di mantenere nel nuovo continente lo stile di vita a cui erano abituati, portarono con sé via mare anche numerosi animali: cavalli, asini, muli, vacche, maiali, capre, pecore e volatili da cortile ancora sconosciuti in America.
La diffusione del pomodoro nel nostro Paese, fu tuttavia assai lenta: la diffidenza iniziale verso il nuovo frutto, non associabile a nessun cibo già conosciuto, ne mortificò a lungo le potenzialità gastronomiche. Solo nel ’700, inizierà il periodo della “sperimentazione” gastronomica che sfocerà nell’800 nella diffusione più ampia che noi oggi conosciamo. (vai all’articolo dei Musei del Cibo)
Duecento anni di diffidenza nei confronti del pomodoro: 200. Eppure oggi viene definito come simbolo della gastronomia italiana insieme a pasta, basilico, pizza e altri ingredienti.
Smettiamola di fare i saccenti. Il pomodoro è in Italia da soli 500 anni, non è autoctono. Ha subito vessazioni, è stato emarginato, non si sapeva che ruolo avrebbe ricoperto. Adesso è la base della pizza e rappresenta l’italianità. Quindi, va bene il frutto pomodoro ma non il frutto ananas? Fateci capire…
I MIEI CONTRASTI DOLCE/SALATO
Negli anni ho realizzato alcuni piatti che sono diventati iconici della mia cucina (tra i più apprezzati al Vero Restaurant e anche tra voi che seguite i miei corsi). Vediamone alcuni:
Gazpacho di fragole (2019)
Quindi, quando diciamo ananas sulla pizza, cosa si dovrebbe rispondere esattamente? Dai, proviamolo!
Il vero problema non sta nell’ananas sulla pizza, o in qualsiasi altro ingrediente in un piatto, ma negli abbinamenti che possiamo fare per renderlo interessante e soprattutto come lo trasformiamo in modo che si armonizzi sulla pizza.
È un po’ come dire “tofu si o no” o “NO il tofu fa schifo”! Fa schifo se sei un incompetente che non lo sa cucinare. Esiste da più di 5000 anni in Oriente ma alcuni italiani dicono che fa schifo. Forse siamo leggermente arroganti? O siamo solo ignoranti e presuntuosi? O forse tutte e 3 le cose?
LA MIA PIZZA ALL’ANANAS: RICETTA
Ecco qui la mia proposta di pizza all’ananas che avrei messo volentieri ad uno dei miei eventi pizza del Vero Restaurant. Buon lavoro ai fornelli!
INGREDIENTI IMPASTO 75%
500 g farina Caputo nuvola
325 g acqua temperatura ambiente
1 g lievito di birra fresco
50 g acqua + 15g sale
Una volta fatta la piega di rinforzo metti a lievitare 1 ora a temperatura ambiente poi metti in frigo in un contenitore oleato. Puoi lasciarla li per 24/48 ore. Poi fai le palline e lasci lievitare sempre a temperatura ambiente. Cuoci in forno a 275° con la piastra Vulcan con il forno ventilato e in 3 minuti la pizza è pronta. Se hai un forno che arriva a 450° va benissimo, la pizza sarà più gonfia e maculata.
ANANAS
Taglia con spessore a 2mm, non farlo a mano. Usa un affettatrice oppure una mandolina. Io ho grigliato solo da un lato in modo da non far perdere poi troppa umidità all’ananas. La temperatura della griglia sono 240°-250°. In meno di 5 minuti l’ananas è grigliato. Se puoi, fallo al momento. Non preparare l’ananas il giorno prima per il giorno dopo.
SPALMINO
Qui la ricetta di spalmino. Aggiungi a 150 g di formaggio fermentato, 15 g di lievito alimentare in scaglie ed erba cipollina a piacere. Poi probabilmente dovrai regolare la sua consistenza con dell’acqua in modo da renderlo più fluido, in questo modo potrai usare o un sac à poche o un biberon.
CONCLUSIONI
Credo che 99% delle persone non abbia ma mangiato la pizza all’ananas ma parli per stereotipi, che sono quelli più difficili da abbattere. Se per caso vi è capitato di mangiare un piatto una volta e non vi è piaciuto, non vuol dire che non sia buono in assoluto, magari semplicemente è stato cucinato male.
Ma poi proprio gli italiani giudicano la pizza all’ananas quando nei piatti iconici della gastronomia del Bel Paese si trovano:
– prosciutto e melone
– risotto alle mele
– risotto alle fragole
– risotto mirtilli e funghi
– insalata di finocchi e arance
– formaggio con le pere
– la pizza con i fichi
– l’anatra all’arancia
– la lonza con le prugne
– l’arrosto alle castagne.
Non è detto che gli abbinamenti di cui ho parlato qui sopra piacciano a tutti. Magari un messicano pensa che siano dei folli a cucinare l’anatra all’arancia o il risotto alle fragole.
Consiglio: prima di guardare e giudicare la pagliuzza nell’occhio altrui, impariamo a guardare la trave nel nostro occhio, ma soprattutto impariamo a conoscere gli ingredienti! Se uniamo pomodoro, ananas grigliato tagliato fine, spalmino con l’erba cipollina e tempeh piastrato otterremo veramente una pizza molto molto goduriosa. Parola di Chef!
Noi siamo convinti che attraverso il cibo si debbano abbattere i muri non crearne.
Che il cibo possa aiutarci a mettere in relazione i popoli, non dividerli.
Che la varietà sia fonte di vita e l’omologazione, anche in cucina, non sia positiva per l’umanità.
Che la fantasia ai fornelli e la sperimentazione siano alla base di qualsiasi creazione culinaria al mondo.
Grazie per avermi letto fin qui! Se vuoi puoi condividere l’articolo con le persone che sono interessante a questo argomento!
Ti aspettiamo ai fornelli con le tue pizze o pinse! E buona pizza all’ananas a tutt*!
Tiziana Caretti & Chef Davide Maffioli
Sei proprio bravo, Chef!!!
sei il numero 11111111.
Bellissimo articolo Chef! Spesso sperimento la frutta in abbinamento al salato! Mi piace molto il risotto con melone e basilico! Quando presento della frutta nei piatti salati, c’è sempre uno sguardo di diffidenza all’inizio, ma poi mi dicono “buono! Originale! Non ci avevo mai pensato!”